Dall’isolamento degli alunni con disabilità alla loro inclusione c’è stato un lungo processo di riconoscimento dell’unicità di ogni studente.

Negli anni Sessanta, con la legge 1859 del 31 dicembre 1962 nell’articolo 12 si afferma “possono essere istituite classi differenziali per gli alunni disadattati scolastici”, Nel 1967 il DPR N.1518 stabilisce che:

soggetti che presentano anomalie o anormalità somato-psichiche che non consentono la regolare frequenza nelle scuole comuni e che abbisognano di particolare trattamento e assistenza medico-didattica sono indirizzati alle scuole speciali. I soggetti ipodotati intellettuali non gravi, disadattati ambientali, o soggetti con anomalie del comportamento, per i quali possa prevedersi il reinserimento nella scuola comune sono indirizzati alle classi differenziali

Nel 1977 finalmente, vennero abolite le classi differenziali.

Da integrazione a inclusione

Dalle classi differenziali, negli anni si è sviluppata una sempre maggiore attenzione alle peculiarità di ciascun alunno; si è partiti da una scuola che prevedeva diritti specifici per un gruppo ristretto (alunni con disabilità), che ha successivamente esteso gli specifici diritti a un gruppo più allargato (alunni con DSA/BES).

Tre tipi di integrazione

Nel processo di integrazione degli alunni sono stati individuati 3 diversi tipi di integrazione:

  • collocazione fisica: quando classi o gruppi speciali sono collocati nelle scuole comuni;
  • integrazione sociale: quando i bambini frequentano classi speciali e condividono attività con i coetanei;
  • integrazione funzionale, ossia partecipazione congiunta ai programmi educativi con gli altri studenti (Warnock, 1978).

Verso l’inclusione

Quanto previsto dal processo di integrazione, seppur fondamentale per uscire da un isolamento degli studenti con difficoltà è ben lontano da una reale inclusione degli alunni.

In un recente contributo Nilholm (2020) identifica nelle ricerche quattro utilizzi del temine inclusione:

  • inclusione può riferirsi ai luoghi educativi;
  • in aggiunta può prevedere che vengano soddisfatti i bisogni sociali e scolastici degli alunni con disabilità;
  • la terza coinvolge tutti gli studenti, con o senza “bisogni speciali”;
  • infine, l’inclusione implica la creazione di comunità.

Cambiamento di prospettiva

Da questo ne deriva la necessità di un cambio di prospettiva che preveda (Zanobini) il passaggio:

  • da una visione centrata sui problemi ad una visione centrata sulle soluzioni
  • da una visione centrata sull‘individuo a una visione centrata sul contesto, sulle situazioni di apprendimento
  • da una visione centrata sui deficit ad una visione centrata sulle risorse