PSICOTERAPIA
E SUPPORTO PSICOLOGICO

L’ansia è un’emozione universale di per sé adattiva, è considerata

patologica quando impatta sul funzionamento psichico globale determinando una limitazione della capacità di adattamento dell’individuo. Per aiutare il paziente a superare la sintomatologia utilizzo l’approccio EMDR che permette non solo di rielaborare i traumi del passato, ma anche di potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per affrontare le sfide della vita quotidiana.

Si parla di Disturbi d’Ansia quando l’ansia diventa disfunzionale per l’individuo.

L’ansia infatti di per se è un’emozione universale di per sé adattiva, in quanto risposta ancestrale e fisiologica dell’organismo allo stress. La risposta ansiosa agli eventi quindi non è di per sè negativa.

Essa è considerata patologica quando impatta sul funzionamento psichico globale determinando una limitazione della capacità di adattamento dell’individuo.

Spesso si manifesta senza alcuna correlazione apparente a cause esterne scatenanti ed ha un’intensità tale da provocare un grado di sofferenza non sopportabile e una durata spesso cronica e può limitare il funzionamento nella vita di tutti i giorni. Esistono sostanzialmente due condizioni in cui l’ansia può essere non naturale:

  • Quando la reazione ansiosa alle situazioni stressogene è esagerata e disfunzionale rispetto agli stimoli che l’hanno determinata
  • Quando l’ansia si presenta in assenza di uno stimolo che la scateni.

Quali disturbi d’ansia esistono?

Secondo il DSM-5, cioè il manuale diagnostico e statistico dei disturbi psichici, nella sua ultima revisione, elenca tra i disturbi d’ansia

  • disturbo d’ansia da separazione
  • mutismo selettivo
  • agorafobia
  • l’ipocondria
  • fobie specifiche
  • il disturbo d’ansia generalizzata
  • il disturbo di panico
  • la fobia sociale
  • disturbo d’ansia indotto da sostanze
  • disturbo d’ansia causato da altre situazioni mediche

Come posso aiutare il paziente che presenta un disturbo d’ansia?

Per aiutare il paziente a superare la sintomatologia che impatta in modo invalidante sulla sua qualità di vita utilizzo l’approccio EMDR che permette non solo di rielaborare i traumi del passato, ma anche di potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per affrontare le sfide della vita quotidiana con serenità e sicurezza, senza sentirsi in balia dei sintomi dell’ansia.

Il lavoro psicoterapeutico prevede la rielaborazione di tutte quelle esperienze angoscianti legate alla storia della persona e che possono essere causa della sintomatologia ansiosa. Con l’EMDR si lavora non solo sul ricordo di alcune esperienze che possono aver contribuito all’insorgenza del disturbo d’ansia, ma anche sul ricordo delle prime volte in cui si è provata l’ansia e le volte peggiori, in modo da desensibilizzare e neutralizzare queste reazioni. In questo modo si permette alla persona di poter affrontare in modo più sereno le situazioni che fino a quel momento erano vissute come ansiogene.

La violenza domestica è un fenomeno molto diffuso che riguarda ogni forma di abuso psicologico, fisico, sessuale. La violenza domestica può provocare danni fisici e gravi conseguenze nella vita psichica delle vittime. É importante intervenire con l’EMDR sul maltrattante per interrompere il ciclo dell’abuso, sulle vittime e sui figli esposti alle violenze per rielaborare i traumi e potenziare le capacità personali.
La violenza domestica è un fenomeno molto diffuso che riguarda ogni forma di abuso psicologico, fisico, sessuale. Anche le varie forme di comportamenti coercitivi esercitati per controllare emotivamente la vittima ne fanno parte

Con questo termine si indica l’insieme di comportamenti abusivi da parte di uno o più membri del nucleo familiare. La violenza può essere:

  • Fisica: calci, pugni, schiaffi, ferite con armi da taglio
  • Emotiva:la vittima viene umiliata, insultata, spesso arrivando a distruggere la sua autostima
  • Psicologica: tutti quei comportamenti, come ad esempio le minacce, o l’isolamento sociale, perpetrate nel tempo, che incutono paura.
  • Economica: è subdola perché alla vittima non è consentito l’accesso al denaro, neanche per bisogni primari e di salute


Quali sono le conseguenze della violenza domestica?

La violenza domestica può provocare danni fisici e gravi conseguenze nella vita psichica delle vittime:

Problemi psicologici della violenza domestica

Le conseguenze sul piano psicologico possono essere:

  • problemi psicologici come sindromi depressive,
  • problemi somatici,
  • sintomi di ansia, tensione,
  • sensi di colpa e vergogna,
  • bassa autostima,
  • disturbo post-traumatico da stress e molti altri.

Problemi fisici della violenza domestica

Può generare dal punto di vista fisico gravi danni permanenti e contribuire a problemi di salute mentale e fisica, tra i quali:

  • sintomi e disturbi gastrointestinali
  • sintomi cardiaci
  • lesioni e lacerazioni
  • disabilità
  • sindromi da dolore cronico

Le conseguenze della violenza domestica protratta nel tempo pertanto lasciano segni anche sul piano relazionale perché le vittime che la subiscono spesso perdono il lavoro, la casa, gli amici e le risorse economiche di sostentamento.

Le condizioni di chi subisce la violenza sono tanto più gravi quanto più la violenza si protrae nel tempo, o quanto più esiste un legame consanguineo tra l’aggressore e la vittima.

Come può aiutare l’EMDR?

Intervenire con l’EMDR sul maltrattante, sulle vittime e sui figli esposti alle violenze e al conflitto, diventa fondamentale perché permette in primo luogo di interrompere il ciclo dell’abuso e la trasmissione di modelli di comportamento disfunzionali attraverso le generazioni. In particolare l’approccio EMDR permette di rielaborare i traumi del passato, ma anche di potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per affrontare le sfide della vita quotidiana, per ritornare a vivere.

Il bullismo e il cyberbullismo sono un fenomeno sempre più diffuso fra i giovani, preadolescenti e adolescenti.

Il bullismo è una forma di oppressione attuata da un soggetto più forte fisicamente e psicologicamente nei confronti di uno più debole.

A causa dei comportamenti violenti del prevaricatore, le vittime vivono una condizione di sofferenza, emarginazione dal gruppo e svalutazione della propria identità. Siamo di fronte ad una vittimizzazione spesso su un minore fatta da un altro o altri minori.

Dall’altra il bullo deve arrivare a comprendere le motivazioni e i bisogni che lo portano a mettere in atto le aggressioni.

Gli studi hanno evidenziato che spesso questi comportamenti derivano da un attaccamento disfunzionale con le figure genitoriali.

Si parla di cyberbullismo quando tutto questo viene messo in atto tramite mezzi tecnologici e permette al bullo di agire spesso in anonimato, indebolendo le remore etiche e amplificando i comportamenti violenti.

Il bullismo e il cyberbullismo secondo la prospettiva EMDR

L’EMDR è molto indicato anche nei traumi relazionali e interpersonali come quelli che generano le esperienze di bullismo.

L’approccio EMDR offre l’occasione di aiutare le vittime a rielaborare l’impatto emotivo degli episodi di bullismo, togliendo la parte più traumatica, facendoli lasciare queste esperienze nel passato e rafforzando la loro autostima. In questo modo possono liberarsi dalle conseguenze psicologiche di questi eventi così stressanti a cui possono essere sottoposti bambini e ragazzi.

Alla fine di una terapia breve e mirata con l’EMDR quelli che sono stati vittime di bullismo riescono a vedere in modo più costruttivo queste esperienze e soprattutto possono crescere e sviluppare una personalità più ricca e piena di risorse.

E’ possibile lavorare anche con il “bullo” con gli obiettivi di:

  • fargli rielaborare gli eventi e i modelli che possono averlo portato a sviluppare un comportamento così aggressivo e traumatizzante,
  • fargli sviluppare delle modalità alternative di comportamento più sane per lui e per gli altri,
  • aiutare a sviluppare empatia e gestione della rabbia e dell’aggressività.

Lavorare sul bullismo e il cyberbullismo permette quindi a tutti gli attori coinvolti di elaborare le loro storie presenti e pregresse di traumatizzazione. Sono molto importanti anche i progetti scolastici e i seminari di formazione e sensibilizzazione per insegnanti e genitori.

Con il termine lutto in psicologia non si indicano solo il decesso o la perdita di una persona cara, ma anche tutte quelle situazioni in cui una persona è esposta a cambiamenti o perdite. Quando però la perdita è devastante blocca l’accesso ai ricordi positivi e agli aspetti più importanti che abbiamo vissuto e condiviso. É necessario pertanto elaborare i momenti e i ricordi più traumatici per poter accedere alle parti più positive.
Con il termine lutto in psicologia non si indicano solo il decesso o la perdita di una persona cara, ma anche tutte quelle situazioni in cui una persona è esposta a cambiamenti o perdite: lavoro, divorzi o separazioni, aborti, perdite economiche e di status sociale, pensionamento, trasferimento dalla propria città, etc…

Ciascuno di noi quando perde qualcuno o qualcosa porta con sè ricordi positivi delle esperienze che abbiamo vissuto. Quando però la perdita è particolarmente devastante blocca l’accesso ai ricordi positivi e agli aspetti più importanti che abbiamo vissuto e condiviso.

È necessario pertanto elaborare i momenti e i ricordi più traumatici per poter accedere alle parti più positive. Recuperare i ricordi positivi, ad esempio condivisi con il defunto è essenziale perché fungono da ponte tra il “mondo con” e il “mondo senza” la persona amata. Su questi ricordi si costituiscono i mattoni fondamentali delle rappresentazioni interiori, le rappresentazioni cioè che ci costruiamo in memoria di chi non c’è più e che ci consentono di convivere con l’assenza senza che questa e il dolore che ne deriva ci impedisca un proseguimento di vita sereno.

Come interviene la psicoterapia E.M.D.R.?

L’EMDR permette di far emergere le rappresentazioni interiori esperite attraverso i ricordi e il significato ad esse attribuito. I ricordi della persona cara che abbiamo perso emergono, ci fanno capire e prendere atto del significato della relazione, del suo ruolo nella nostra vita e nella nostra identità, e ci consentono di portare nel futuro la sicurezza fondamentale di aver amato e di essere stati amati da lui, di aver dato molto e di aver ricevuto, infine di aver condiviso una parte della nostra vita. Vi sono, però, situazioni caratterizzate da rappresentazioni interiori negative tali da causare disagio. Quando tali rappresentazioni interiori suscitano disagio, i traumi, i conflitti e i ricordi negativi devono essere elaborati per portare a una risoluzione adattiva.

Come può aiutare la psicoterapia E.M.D.R. nell’elaborazione del lutto?

L’E.M.D.R. permette l’elaborazione delle varie fasi del lutto.

Il terapeuta E.M.D.R. lavora con l’intento di:

  • Offrire psicoeducazione sul lutto traumatico
  • Fornire le modalità più idonee per elaborare il lutto
  • Permettere lo svolgimento delle fasi di elaborazione del lutto
  • Trovare le strategie adattive specifiche per il paziente e per il tipo di esperienza traumatica vissuta
  • Favorire l’emergere dei ricordi positivi
  • Ricostruire con il pazienti significati persi a seguito dell’esperienza di perdita
  • Aiutare i pazienti a trovare le risorse più funzionali al superamento del lutto.

Con il termine depressione di uso comune, si intende genericamente un disturbo che implica alterazioni del tono dell’umore per il quale è necessario un intervento psicoterapeutico e/o farmacologico. Più appropriato sarebbe parlare di disturbi depressivi, ovvero disturbi psicopatologici caratterizzati da alterazioni significative del tono dell’umore. Questi determinano una compromissione della qualità di vita del paziente con una compromissione del funzionamento sociale. Si può manifestare con sintomi quali ad esempio apatia, continua tristezza, difficoltà ad affrontare le attività giornaliere, perdita o diminuzione del desiderio sessuale, rabbia, pensieri suicidari. Ne esistono diverse forme.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (2017) la depressione è considerata la causa maggiore di disabilità a livello globale. In Italia si stima che ne soffra il 15% della popolazione, con una percentuale di persone che ha tentato i suicidio.

È più frequente tra le donne tra i 25 e i 44 anni, ma può colpire chiunque e ad ogni età.

Quali sono i sintomi più diffusi in caso di depressione?

I sintomi possono essere:

  • emotivi: umore depresso, disperazione, disforia e senso di impotenza;
  • cognitivi: demotivazione, pensieri e cognizioni negative o distorte, difficoltà di memoria e concentrazione;
  • comportamentali: rallentamento o al contrario agitazione motoria, passività ed isolamento;
  • fisiologici: disturbi del sonno, astenia, affaticamento e disturbi sessuali.

Come è possibile intervenire?

Come terapeuta EMDR, in primis, con il paziente cerco di individuare le cause che hanno determinato la sintomatologia presente.

E’ stato dimostrato infatti che storie di traumi infantili costituiscono le radici per lo sviluppo di questo disturbo.

Individuati i ricordi e le immagini alla base della sintomatologia, viene effettuata una desensibilizzazione e una rielaborazione attraverso la stimolazione dei movimenti oculari, per andare a modificare il contenuto traumatico, registrato nelle memorie del paziente, in modo disfunzionale. Attivando la rielaborazione delle esperienze traumatiche è possibile assistere ad una riduzione della sintomatologia, fino alla remissione della stessa.

Lo psicoterapeuta EMDR raccoglie la storia del paziente, identificando con lui gli eventi che hanno contribuito a sviluppare il disturbo. Sono questi ricordi che verranno elaborati con l’EMDR. Il paziente viene invitato a notare i pensieri, le sensazioni fisiche e le immagini collegate con l’esperienza traumatica, nel contempo il terapeuta gli fa compiere dei semplici movimenti oculari, o procede con stimolazioni alternate destra-sinistra.

Il Disturbo da Stress Post-Traumatico è una delle maggiori conseguenze cliniche derivanti da traumi psicologici.

Grazie alle proprie risorse e all’aiuto degli altri la maggioranza delle persone che subiscono esperienze traumatiche riesce a recuperare un nuovo equilibrio.

Purtroppo però ci sono ferite che continuano a sanguinare anche a distanza di anni.

Nel caso dei traumi gravi le persone possono reagire con paura, vulnerabilità e orrore intensi, reazioni ascrivibili al Disturbo da Stress Post Traumatico (DPTS). Il soggetto si è trovato coinvolto in un evento potenzialmente mortale, o ad una minaccia alla propria integrità fisica o a quella degli altri.

Quando si può parlare di Disturbo da Stress Post-Traumatico?

Il DSM-5, nella sua ultima revisione individua il DPTS, tra i “Disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti”.

DSM-5

I criteri diagnostici previsti dal DSM-5 per poter parlare di Disturbo da Stress Post Traumatico sono:

  1. Essere esposti ad un evento traumatico che ha messo in pericolo la propria vita, o quella altrui oppure essere stati vittima di abuso sessuale. Secondo questo criterio si svilupperebbe una sintomatologia post traumatica a seguito di un rischio reale di morte per sé o per altri. Rientrano in questa esposizione anche tutti coloro che, ad esempio per questioni lavorative, sono esposti ripetutamente a episodi violenti: forze dell’ordine, soccorritori, etc…
  2. Manifestare sintomi intrusivi, cioè ricorrenti, involontari e disturbanti ricordi dell’evento traumatico, oppure incubi o reazioni dissociative (ad esempio i flashback). Tutte queste manifestazioni mettono la persona nella situazione di “rivivere” l’esperienza traumatica, tanto che di fronte a stimoli esterni o interni si riattiva il ricordo.
  3. Tentare un evitamento continuo degli stimoli associati agli eventi traumatici, cercando di evitare cioè i ricordi, ma anche persone, luoghi e attività che possano riportare alla mente quanto esperito.
  4. Si possono verificare anche alterazioni del pensiero o dell’umore che iniziano o peggiorano a seguito dell’evento traumatico. Tra queste alterazioni ci può essere, a titolo d’esempio, l’incapacità a ricordare un aspetto importante del trauma, oppure credenze negative su di sé e sul mondo in generale, cognizioni distorte su di sé in relazione a quanto accaduto, etc…
  5. Marcate alterazioni dell’attivazione fisiologica e delle risposte reattive all’evento traumatico che iniziano o peggiorano dopo l’evento traumatico: tra questi, ad esempio,disturbi del sonno o ipervigilanza.
  6. Tutti i criteri sopraesposti devono essere presenti da almeno un mese.
  7. Il disturbo deve causare un significativo disagio o disabilità in ambito sociale, lavorativo e nelle varie aree del funzionamento.
  8. Devono essere esclusi l’utilizzo di farmaci, sostanze o altre condizioni mediche prima di diagnosticare il disturbo.

Di solito nei casi di disturbo da stress post-traumatico sono presenti depersonalizzazione e derealizzazione.

Come interviene lo psicoterapeuta EMDR in questi casi?

Lo psicoterapeuta EMDR raccoglie la storia del paziente, identificando con lui gli eventi che hanno contribuito a sviluppare il disturbo. Sono questi ricordi che verranno elaborati con l’EMDR. Il paziente viene invitato a notare i pensieri, le sensazioni fisiche e le immagini collegate con l’esperienza traumatica, nel contempo il terapeuta gli fa compiere dei semplici movimenti oculari, o procede con stimolazioni alternate destra-sinistra.

Tali stimolazioni hanno lo scopo di favorire una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali e si basano su un processo neurofisiologico naturale, simile a quello che avviene nel sonno REM (fase del sonno in cui si sogna).

Il trauma nei casi di Disturbo da Stress Post-Traumatico è sempre presente, le sensazioni sono vive, e sembra che l’evento sia successo poche ore prima anche se risale a mesi o anni addietro. Ne derivano frequentemente, sensazioni di insicurezza, mancanza di autostima, colpevolizzazioni, attacchi di panico, ansie. Con le connessioni tra gli emisferi permesse dai movimenti oculari, si va ad elaborare il trauma e le conseguenze che ne derivano.

Dopo l’EMDR il paziente ricorda ancora l’evento ma sente che tutto ciò fa parte del passato ed è integrato. Il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento, i pensieri intrusivi si attutiscono o spariscono, le emozioni e le sensazioni fisiche si riducono di intensità.

Mi occupo da diversi anni ormai, di counseling psicologico e formazione su tematiche LGBTIQ+ per sensibilizzare la popolazione. L’acronimo sta per: lesbiche, gay, transessuali, intersessuali, queer.

Perché me ne occupo?

L’esperienza clinica e formativa, mutuata anche dagli altri ambiti lavorativi, mi ha mostrato sempre più chiaramente, come spesso ciascuno di noi sviluppi difficoltà e/o disturbi, in seguito alla non accettazione da parte del mondo esterno di quella che è la propria natura. Questo è tenuto in piedi, purtroppo, da un contesto sociale e culturale fatto di stereotipi e di pregiudizi che definiscono come sbagliato ciò che è non rientra pienamente in una “normalità” stabilita aprioristicamente, ma che non trova in realtà fondamento scientifico.

 

Formazione su tematiche LGBTIQ+

Ho svolto seminari e formazioni rivolte primariamente a figure professionali quali avvocati e insegnanti, e rivolte agli studenti.

Ho partecipato inoltre come relatrice a diversi convegni aperti al pubblico, dall’età adolescenziale all’età adulta, per affrontare tematiche quali:

  • orientamento sessuale,
  • identità di genere,
  • omobitransofobia,
  • bullismo omo-transfobico,
  • outing e coming out,
  • discriminazioni dei membri della popolazione LGBTIQ+. 
  • minority stress

Counseling psicologico

Mi occupo invece in ambito privato di:

  • sostegno alla genitorialità per le Famiglie Arcobaleno,
  • sostegno nel percorso di coming out,
  • elaborazione di esperienze traumatiche determinate dalle difficoltà di accettazione familiare e sociale dell’omosessualità o del transessualismo del paziente, oltre che l’omotransfobia interiorizzata.

 In linea con quanto previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’American Psychiatric Association (APA), mi occupo quindi di lavorare con il nucleo familiare laddove l’orientamento sessuale o l’identità di genere ha determinato difficoltà ad esempio di accettazione.

Ormai da quarant’anni sappiamo che l’omosessualità e la disforia di genere non sono considerate, unanimamente, dalla comunità scientifica, un disturbo psichico.

 Nonostante questo però purtroppo permangono retaggi culturali e vere e proprie discriminazioni, anche all’interno della famiglia stessa.

Questo può determinare esperienze di traumatizzazione per chi appartiene alla comunità LGBTIQ+, determinate anche da esperienze sociali di discriminazione e spesso violenza (in tutte le sue forme).

I più recenti seminari svolti hanno avuto lo scopo primario di sensibilizzare sull’utilizzo di un linguaggio inclusivo e non discriminatorio.

Mi occupo di counseling psicologico e formazione sulla disabilità dall’inizio della mia attività.

Mi sono occupata di disabilità intellettiva, fin dalla tesi di laurea dal titolo “Ritardo Mentale e Processi Cognitivi. Applicazione della Teoria PASS per lo studio dei soggetti affetti da Trisomia 21”.

In particolare ho sempre ritenuto che le difficoltà di varia natura delle persone con disabilità , derivino in parte dalle “limitazioni” delle persone cosiddette “normodotate” di comprensione, accettazione e quindi inclusione dei disabili.

Counseling psicologico

Mi occupo in particolare, di “accompagnare” la famiglia dal momento della diagnosi e lungo il percorso di vita della persona con disabilità intellettiva e/o motoria attraverso percorsi di terapia familiare o individuale.

Organizzo anche gruppi di sostegno per genitori e fratelli/sorelle di ragazzi e adulti con disabilità.

Per il disabile vengono organizzati, oltre a percorsi di supporto psicologico o psicoterapia, cicli di incontri su queste tematiche:

  • “Io e il mio corpo”
  • “I miei limiti e le mie risorse”
  • “Affettività e sessualità”
  • “Le relazioni affettive e amicali”
  • “Diverso da chi: guardare oltre gli stereotipi”.

Organizzo inoltre cineforum tematici.

Formazione sul tema della disabilità

Partecipo e organizzo seminari e convegni inerenti le numerose tematiche che riguardano la disabilità.

Gli argomenti trattati durante le formazioni sono molteplici. In primis pongo attenzione all’importanza di inclusione sociale in ogni aspetto della vita della persona: scolastica, di gioco e socializzazione con i coetanei, lavorativa, di autonomia, di tutele in genere che garantiscano la piena partecipazione alle attività della comunità.

Da questo punto di vista, si è fatto molto, ma molto è ancora da fare, soprattutto per far sì che chi è lontano dal mondo dei disabili si avvicini senza difficoltà, remore, o peggio guardandola con discriminazione.

Un’altra tematica di cui mi occupo è la violenza sulle donne disabili: i dati sono drammatici. Sappiamo infatti che le donne con disabilità hanno un rischio di subire violenze di varia natura, maggiore di un terzo rispetto alle altre donne. Considerando i dati quindi la maggior parte delle donne con disabilità hanno vissuto nell’arco della loro vita una qualche forma di violenza.

In conclusione, per poter garantire una buona qualità di vita il counseling psicologico deve andare di pari passo alla formazione nell’ambito della disabilità, perché se da un parte è fondamentale aiutare il disabile nella sua convivenza con la menomazione e con quello che essa comporta, dall’altra è indispensabile intervenire affinché la società e quindi le persone tutte, offrano a ciascuno le stesse opportunità e diritti.

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