Come d’aria racconta la storia di un legame tra una mamma e la figlia nata con una grave disabilità.

Sinossi del libro

Questa la sinossi del libro:

“Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant’anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontare la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.”

Disabilità e cancro: gli ostacoli quotidiani

Il libro è una finestra sul mondo delle famiglie che convivono con una disabilità; ma è anche purtroppo una finestra sul mondo dei pazienti oncologici. E’ una descrizione sulla quotidianità complessa che si vive, non solo per le condizioni di salute, ma soprattutto per tutte le barriere culturali, fisiche e istituzionali che ostacolano i percorsi di cura e di inclusione.

Ada racconta le emozioni e i pensieri che l’hanno attraversata ancor prima della nascita di Daria,

” pensavo che la semplice convinzione di non volere un figlio invalido…bastasse a mettermi al riparo da una simile eventualità”, “perché proprio a me? Che cosa ho fatto per meritarmi questo?”

fino a diventare “disabile per procura” perché, quando arriva un figlio con disabilità, la madre perde di identità, non è più signora, moglie, amica, ma la mamma e basta.

C’è con le parole dell’Autrice “un’intera esistenza dedicata all’altro percepita come uno schianto di fronte alla paura di non riuscire a prendersi cura di sé per continuare a prendersi cura di chi si ama.” Arriva il cancro ad intrecciarsi in un destino che già era stato beffardo.  

Gli incontri e gli allontanamenti

Dall’altra le sale d’attesa diventano i luoghi degli incontri dove mamme e figli sono fonte di conforto, di possibilità di scambio, di speranza, di sentire che qualcuno come te sa che cosa stai attraversando, un riparo dalla sofferenza. Quello che Ada sta vivendo alcune delle altre mamme lo hanno già esperito, masticato e digerito.

Ci sono i tentativi anche benevoli di chi rimane accanto che prova ad alleggerire, smorzare, aiutare, ma spesso cade nel pietismo, non sa cosa dire e cosa fare, ma come potrebbe d’altronde riuscirci? Non ha idea di che cosa Ada sta attraversando, di come si sente e che cosa potrebbe darle sollievo; non ha idea dei pensieri, anche di rifiuto della figlia che la attraversano, l’angoscia di fronte al pianto di rabbia incessante e indecifrabile che esprime Daria, che nulla riesca a placare.

Ci sono poi le “truppe della Grande Fuga” che ingrossano le file, sono gli amici e i parenti, anche i più intimi che si allontanano gradualmente lasciando i genitori nella solitudine che diviene parte quotidiana delle loro vite.

La burocrazia

C’è anche la burocrazia che per tutti gli ausili e le cure crea ostacoli, nella sofferenza di chi quotidianamente deve fare i conti non solo con quello che il figlio non può fare o non può più fare e per cui avrà bisogno di aiuto per sempre, ma dovrà anche combattere, litigare, far sentire la propria voce per garantire una decente qualità di vita al proprio figlio, nonostante sulla carta abbia tutto il diritto di ricevere questi aiuti vitali.

La bellezza

C’è anche la possibilità della bellezza, tanto cara all’autrice, “desideravo la bellezza e l’ho avuta: ho avuto te”, la bellezza del mondo della riabilitazione che non perde tempo su ciò che manca a Daria, ma sfruttano quello che ha offrendo brevi attimi di felicità. La bellezza nasce anche nella e dalla malattia, che “a volte separa, allontana, distrugge, ma qualche volta genera, allaccia, moltiplica l’amore” . C’è la bellezza dei compagni di scuola, che amano Daria, “La classe quando c’è Daria è più felice e più sorridente. Quando ci sei tu pensiamo meglio e con più fantasia e bravura. Tu apri la nostra immaginazione”.

Ada non c’è più, ma ha lasciato una preziosa testimonianza di amore, regalandoci una danza tra madre e figlia, tra i loro corpi che comunicano, in una narrazione intima che ci permette di sentire l’intensità delle loro vite e del loro legame.