Un primo concetto centrale per comprendere la natura del trauma è quello di stress traumatico.

Lo stress non è un’esperienza esclusivamente umana; ma appartiene anche al mondo animale e contrariamente a quanto si possa pensare non è da considerarsi necessariamente disadattiva.

Per comprendere la funzione adattiva pensiamo ad esempio alla reazione istintiva dell’uomo primitivo che nell’andare a caccia, stava con le orecchie ben attente e appena percepiva dei movimenti sospetti intorno a sé di animali potenzialmente pericolosi, si preparava ad attaccarli o a fuggire, cercando di attuare la risposta più idonea alla situazione che si stava verificando . Altro esempio è quello attuato dagli animali vittime dei predatori che, dopo un primo attacco, si fingono morti per sopravvivere e attendere che il predatore si allontani per mettersi in salvo.

Come possiamo reagire in situazioni di pericolo?

Di fronte a situazioni di stress importante si attiva, sia a livello fisico che psicologico, uno stato di tensione che va a modificare il nostro equilibrio omeostatico. Questo permette di predisporsi a diverse tipologie di risposta, orientate alla tutela della propria salute e salvezza. Le reazioni si suddividono in due macro modalità di attacco – fuga o di immobilizzazione.

  • Attacco (FIGHT) o di fuga (FLIGHT):  questa modalità di azione – reazione si caratterizza per la contemporanea attivazione del sistema somatomotorio, del sistema visceromotorio e del sistema della modulazione del dolore.
  • Congelamento (FREEZING) immobilizzazione: è una reazione di immobilizzazione di tipo rapido e transitorio . Il freezing è una risposta detta anche di immobilità reattiva per la rapidità di risposta. Il meccanismo di freezing consente alla vittima di continuare a scansionare l’ambiente mentre si prepara ad una risposta attiva di lotta o di fuga allo stimolo minaccioso esterno che ha percepito.
  • Immobilità tonica (FRIGHT) è una tipologia di difesa ultima usata quando le risposte precedenti risultano fallimentari ed è necessario disattivare il riflesso del predatore a uccidere la preda. Negli esseri umani questa risposta difensiva può essere raggiunta in tutte le posizioni. E’ caratterizzata da paralisi tonica. o di paralisi flaccida.
  • Infine l’immobilità flaccida o collasso vasovagale (FLAG o morte apparente) coinvolge l’attivazione della stessa rete neurale del fright e viene solitamente descritta come un insieme di sensazioni che precedono il collasso vero e proprio ad esempio dalle vittime di un abuso.

Quando si può verificare uno stress traumatico?

La reazione al fattore stressante o stressor si colloca su un continuum che va dallo stress positivo definito anche eustress (dal greco “eu” buono), a quello negativo o distress (dal greco “dus”, prefisso che connota negativamente molti termini soprattutto medici). È quindi possibile definire lo stress traumatico come una forma estrema di distress che si verifica quando:

  • l’evento stressante inatteso è percepito come imprevedibile
  • la persona sperimenta una perdita di controllo sull’evento
  • l’evento costituisce una minaccia per il proprio benessere
  • vengono a mancare le risorse necessarie per far fronte allo stress sia a livello individuale che ambientale.

Queste reazioni, tipiche delle prime 72 ore successive all’evento, possono diventare il modo stabile, duraturo e generalizzato con cui il soggetto affronta la vita dal momento del trauma in poi.

Il sistema limbico e eredità del trauma.

Queste reazioni fisiologiche, coinvolgono il sistema limbico, che si attiva nell’elaborazione dei comportamenti correlati con la sopravvivenza della specie. L’essere stato vittima di un evento traumatico purtroppo, determina conseguenze anche a livello cerebrale, mostrando, ad esempio, un volume ridotto sia dell’ippocampo che dell’amigdala. Queste scoperte, avvenute negli ultimi anni grazie all’utilizzo di strumenti di indagine sempre più sofisticati, gettano luce sulla stretta connessione mente-corpo e soprattutto sull’importanza di intervenire precocemente sull’elaborazione del trauma. Ciò che ha un impatto emotivo molto forte si ripercuote anche a livello corporeo, quindi, risulta evidente che intervenire direttamente sull’elaborazione di questi eventi traumatici abbia un effetto anche sulla neurobiologia del nostro cervello e su quello delle generazioni future, in quanto i traumi, secondo gli studi degli ultimi anni si ereditano fino alla terza generazione.

Per approfondire vi consiglio il MANUALE DI INTERVENTO SUL TRAUMA Comprendere, valutare e curare il PTSD semplice e complesso di Antonella Montano e Roberta Borzì