La pandemia da Coronavirus che stiamo attraversando, sta creando in adulti e bambini, comprensibili reazioni di stress. Se per un adulto ci vogliono circa 21 giorni per adattarsi al cambiamento, per i bambini avviene il processo inverso; si adattano cioè facilmente e rapidamente, ma poi iniziano a non tollerare più la situazione, cercando di ritornare “alla normalità”. In questo articolo troverete alcune riflessioni psicologiche su come gli effetti diretti e indiretti del Coronavirus possono impattare sui bambini. Approfondimento che si rivela ancor più importante, visto il protrarsi delle misure restrittive. Alcune delle indicazioni che troverete sono in linea con i consigli dell’associazione Emdr Italia, a cui appartengo. L’associazione racchiude al suo interno psicoterapeuti formatesi nella terapia Emdr, considerata l’approccio psicoterapeutico di elezione nel trattamento del trauma.

Il trauma nei bambini

Escludo dalla presente trattazione tutte le esperienze traumatiche che possono subire i bambini per soffermarmi su quella che sta attualmente accomunando i piccoli: l’esposizione allo stress, soprattutto se questa è prolungata.

Quando un bambino può subire l’esposizione ad uno stress?

Si verifica un’esperienza stressante nel momento in cui il bambino vive una situazione che gli genera paura, ma non può contare in una figura adulta consolatoria, o comunque in grado di dare significato agli eventi regolando i suoi stati interni.

Il bambino quindi esperirà la paura senza trovare un adulto in grado di accoglierla e restituirgliela con significati nuovi. Se il bambino non trova nell’adulto una risposta alle sue emozioni cercherà di auto-consolarsi; da solo troverà un “aggiustamento” interno ai suoi bisogni e alle sue emozioni, come meglio può, senza avere però lo sviluppo cognitivo sufficientemente adeguato per farvi fronte.

Questo accade spesso quando il genitore ha a sua volta esperito situazioni traumatiche oppure è egli stesso vittima dell’esperienza che il bambino sta vivendo. Negli interventi psicologici attuati, ad esempio, durante i terremoti che hanno colpito l’Italia negli anni scorsi, è emerso frequentemente dai ricordi dei piccoli che ciò che gli aveva spaventati di più era il volto impaurito della madre o dell’adulto di riferimento.

L’importanza della comunicazione

Questo ci riporta a due principi base della comunicazione:

  • “non si può non comunicare”: di fatto un genitore non può essere “neutro” nella comunicazione con il figlio. Qualcosa del suo linguaggio verbale, non verbale o paraverbale necessariamente “passa” nella comunicazione;
  • la comunicazione non verbale e quella paraverbale prevalgono su quella verbale: per cui ad es. se un genitore è preoccupato e verbalmente comunica al figlio la propria tranquillità ma con la gestualità, la postura, il tono della voce racconta altro, saranno queste ultime comunicazioni a prevalere e a colpire maggiormente il bambino. Il messaggio cioè viene veicolato prevalentemente attraverso la comunicazione non verbale e paraverbale. Questa incongruenza tra il livello verbale e il non verbale in una comunicazione emotivamente importante viene definita “doppio legame” o “doppio vincolo” e può impattare nel ricevente che, vivendo nell’incongruenza tendenzialmente può chiudersi in sé stesso. 

La diffusione del Coronavirus ha creato una vera e propria situazione di emergenza che ha a sua volta generato individualmente e collettivamente un’elevata emotività. Un evento imprevisto ed improvviso spezza più o meno violentemente l’equilibrio precedente con relative reazioni di distress.  

L’importanza delle emozioni dei genitori

I genitori sono prima di tutto persone che sentono e conseguentemente esprimono le proprie emozioni e non esiste un modo giusto o sbagliato per farlo. Dall’altra, allo stesso tempo, i bambini se non trovano rassicurazione nell’adulto di riferimento perdono sicurezza. È quindi importante che gli adulti chiedano aiuto per fronteggiare le normali reazioni di stress. Fare i conti con le proprie emozioni permette di restituire ai bambini la sicurezza emotiva di cui necessitano. 

La sofferenza dei bambini

Un altro aspetto su cui fare attenzione è la modalità “ad intermittenza” in cui i bambini “soffrono”. Le loro emozioni non sono costantemente della stessa intensità; possono passare da momenti di gioco sereno a momenti di pianto incontrollato in breve tempo, oppure non mostrare particolari difficoltà durante il giorno ma poi avere incubi notturni o farsi la pipì a letto. Questo può trarre in inganno il genitore che può “ridimensionare” il bisogno e la richiesta di aiuto del bambino.

Le reazioni dei bambini, la loro durata e intensità possono essere molto diverse tra loro.

Il protrarsi dell’isolamento, oltre a spezzare le routine quotidiane fondamentali per i più piccoli portano a vivere diversi stati emotivi: paura, ansia, rabbia, colpa, tristezza, confusione.

Infine, possono comparire anche reazioni somatiche: mal di pancia, mal di testa, stitichezza, diarrea, difese immunitarie più basse con più facilità ad ammalarsi, etc…

L’impatto emotivo del Coronavirus può esprimersi in varie espressioni di sofferenza nei bambini, nel prossimo articolo, approfondirò quali sono le reazioni più comuni nei bambini e come affrontarle.