Il come e il perché delle reazioni individuali e collettive di fronte al Coronavirus.

Vediamo insieme alcune considerazioni importanti sui comportamenti e sugli atteggiamenti che la notizia di diffusione del Coronavirus ha innescato a livello individuale e collettivo, attraverso un’analisi psicosociale del fenomeno.

Sul Covid-19 invece, è possibile reperire le informazioni scientifiche qui:

Il contagio emotivo: l’ansia e la paura.

L’ansia e la paura sono emozioni universali adattive, vale a dire che sono funzionali alla gestione delle situazioni di pericolo e fondano le loro radici nel cosiddetto cervello rettiliano, ovvero la parte del cervello più antica che abbiamo in termini filogenetici.

Fin dall’età della pietra l’uomo ha sviluppato la capacità di affrontare le situazioni di pericolo grazie alla modulazione dell’arousal, ovvero del livello di attivazione fisiologica determinata dal Sistema Nervoso Centrale (SNC).

Di fronte a situazioni potenzialmente rischiose il SNC attiva la capacità dell’individuo di reagire per potersi difendere e proteggere, innescando una vera e propria reazione di emergenza. Si parla a tal proposito di “eustress” per indicare lo stress “buono”; vale a dire quel livello di attivazione dello stress che è funzionale allo svolgimento delle attività. In questo caso l’energia diventa funzionale alla capacità di adattamento di un individuo, ad attivare quindi le sue strategie di coping (“to cop” far fronte”) necessarie per gestire le situazioni quotidiane. Se l’individuo non riesce ad attivare questo processo si innesca invece il “distress”, lo stress “cattivo” che non dipende dalle peculiarità della fonte che ha innescato lo stress quanto piuttosto dalla risonanza psicologica individuale, amplificata ancor di più ai tempi dei social.

Le emozioni di paura ed ansia vanno fuori dalla capacità di controllo individuale e diventano disfunzionali per sé stessi e per la comunità. Complice di questo innesco è la comunicazione volutamente catastrofica portata avanti dai media,  tv e giornali in primis, il cui contagio emotivo corre velocemente sui social e con un impatto e un discontrollo maggiori.

Comprendere come funzionano le emozioni, ci aiuta a gestirle.

Come si costruisce l’influenza sociale?

Chi si occupa di politica e di giornalismo conosce bene i meccanismi che ho esposto e gioca proprio sul loro funzionamento per innescare nelle persone le reazioni che stiamo osservando.

Per riuscire a comprendere tali reazioni che si sono verificate di fronte alla diffusione di informazioni sul Coronavirus è importante riferirsi ai principi di influenza sociale studiati a partire dagli anni ’40.

Fin dai primi studi di psicologia sociale sono stati individuati dei fattori chiave responsabili dell’influenza di una comunicazione:

  • L’emittente: ovvero lo stile comunicativo e argomentativo di chi emette un messaggio e la sua presunta credibilità, o meglio quanto riteniamo personalmente che sia credibile, spesso mantenendo inalterata un’opinione positiva, anche di fronte ad evidenze che la disconfermano;
  • Il messaggio: ovvero il suo contenuto e lo stile con cui viene trasmesso;
  • Il destinatario: ovvero le sue caratteristiche; le sue competenze, le sue risorse cognitive, etc…
  • Il contesto in cui si colloca la comunicazione; in questo caso è rappresentato principalmente dalla “rete”
  • Il canale: ovvero il mezzo, tv e social in primis.

La comunicazione di tv e giornali sul Coronavirus.

Partendo da queste considerazioni sul funzionamento del SNC di fronte a fattori di stress e dell’influenza sociale della comunicazione osserviamo che è stata prodotta dai giornali, con una frequenza altissima, una serie di articoli con titoli che hanno giocato sul piano della paura e dell’ansia.

“Prove tecniche di strage”, “Contagi e morte”, “ll morbo è tra noi”, “Italia infetta”… , alcuni dei titoli delle testate giornalistiche che attualmente stanno facendo retromarcia, a seguito di denuncia di “procurato allarme”. Non da meno è stato il comportamento di alcuni politici che si sono mostrati davanti alle telecamere con la mascherina, contrariamente alle indicazioni di utilizzo fornite dal Ministro della Sanità; o di altri che hanno strumentalizzato quanto sta accadendo giocando proprio sulle emozioni e sulla vulnerabilità della popolazione e utilizzando espressioni linguistiche che hanno alimentato le reazioni di panico e terrore tra le persone. Le parole, se utilizzate impropriamente, hanno l’effetto di innescare l’ansia anticipatoria determinata da pensieri negativi sulla situazione e che a sua volta attivano reazioni di panico.

Come vengono elaborati i messaggi che riceviamo?

Negli anni 80 Petty e Cacioppo, hanno elaborato “il modello della probabilità di elaborazione” che ha cercato di spiegare tutti i meccanismi di elaborazione cognitiva che vengono impiegati nell’elaborazione dei messaggi. Lo studio nasce nell’ambito della comunicazione persuasiva ma trova applicazione nell’analisi dei processi comunicativi in genere e dei loro effetti sul ricevente.

Del modello, nel contesto specifico di cui stiamo parlando, interessa un processo interessante: il destinatario non elabora il contenuto del messaggio ma decide di accettarlo o meno basandosi su criteri periferici e spesso superficiali che non dipendono né dalla qualità dell’argomentazione, né dalle caratteristiche dell’emittente. Questa strategia implica uno sforzo mentale inferiore (“percorso periferico”).

La scelta di questa modalità di elaborazione dell’informazione dipenderà dalle capacità cognitive del destinatario di elaborare il messaggio e dalla sua motivazione ad approfondirne i contenuti.

Come viene valutato l’impatto del Coronavirus?

Osservando quanto sta accadendo vediamo che la popolazione sta utilizzando delle euristiche, ovvero delle strategie cognitive che permettono alle persone di effettuare rapidamente giudizi sociali.  Sembra che l’euristica in questo caso possa essere “un’opinione condivisa da molti deve essere corretta”. Questo processo diventa ancor più comprensibile se pensiamo alla velocità con cui corre la nostra società e che, volenti o nolenti, ci porta a processare le informazioni tendenzialmente in modo molto rapido, con l’inevitabile conseguenza di farlo in modo poco approfondito.

Infatti, di fronte a condizioni di sovraccarico cognitivo le persone tendenzialmente destinano il proprio tempo e le proprie risorse cognitive all’esecuzione di una sola parte delle operazioni da attuare. Vengono semplificati i compiti di giudizio e accorciati i percorsi per arrivare alla soluzione dei problemi. Queste strategie danno luogo a giudizi poco attendibili, a valutazioni probabilistiche poco verosimili e ad inferenze indebite.

L’euristica della rappresentatività.

Un esempio diffuso in questo momento è l’euristica della rappresentatività, cioè una scorciatoia di pensiero che viene impiegata quando la persona deve fare inferenze circa la probabilità che si verifichi un certo evento. Questo crea una valutazione che confonde i concetti di probabilità e possibilità: se è vero che c’è la possibilità di contrarre il Coronavirus, la probabilità che questo avvenga è remota, se ci si attiene  alle misure di contenimento e ai comportamenti di prevenzione proposti dal Ministero della Salute.

Se è vero ad esempio che la percentuale dei casi di mortalità è superiore rispetto ad una comune influenza, è altrettanto vero che i casi di mortalità in termini statistici in Italia sono stati pochi e in persone il cui pregresso stato di salute era vulnerabile, che per alcuni virologi, metterebbe in discussione, la responsabilità stessa del virus. 

L’euristica della disponibilità.

L’euristica della disponibilità entra invece in gioco nella valutazione della frequenza e della probabilità di un evento.

In questo caso si è assistito a due processi opposti: da una parte chi sottostima il rischio di diffusione del Coronavirus, dall’altra di chi lo sovrastima, nonostante le fonti scientifiche forniscano i dati corretti sui quali poter fare le proprie valutazioni.

Capire come elaboriamo le informazioni ci aiuta a non incorrere nelle trappole comunicative.

Conseguenze dirette e indirette…

Questo ha scatenato tutta una serie di comportamenti, come la razzia di alimenti nei supermercati, comportamenti violenti e aggressivi nei confronti di cinesi o etnie ritenute gli untori, lo stop di alcune attività, etc… Queste reazioni quindi hanno determinato e determineranno, conseguenze a danno di singoli individui perché appartenenti ad un popolo, a danno in particolar modo dei liberi professionisti e piccoli imprenditori che saranno le vittime indirette non tanto del Coronavirus, ma della comunicazione terroristica attuata, con conseguenze nel breve e lungo termine. Come potrebbero essere danneggiate le persone immunodepresse che non trovano più mascherine comprate da chi non ne ha un reale bisogno.

 Questo ha inoltre innescato, a torto o a ragione, tutta una serie di post e articoli dove si riportano i dati di letalità dovuta ad altri fattori di rischio rispetto al rischio contraibile con il Coronavirus, come ad esempio, il mancato utilizzo dei preservativi per la diffusione dell’AIDS o di altre malattie veneree, oppure i dati dei morti per inquinamento atmosferico, etc…, con l’obiettivo, spesso però con toni accusatori, di far riflettere su quelli che ad oggi sono i principali reali rischi di mortalità per la popolazione.

Per concludere.

L’ansia e la paura, nell’epoca attuale, nascono per cose che potenzialmente non accadranno mai, o che non possiamo in alcun modo controllare. L’iperconnessione non aiuta, siamo alla ricerca costante di notizie che alimentano a dismisura le nostre preoccupazioni a tal punto che siamo noi stessi ad alimentarle andando a ricercare le notizie a conferma, piuttosto che a disconferma di quelli che sono i nostri timori.

Cerchiamo di riflettere sui reali rischi diretti e indiretti che corriamo sul breve e lungo termine, per noi stessi e per gli altri, se ci facciamo travolgere dall’ansia e dalla paura e dai comportamenti che conseguentemente mettiamo in atto.

Rivolgiamoci allora alle fonti ufficiali che ho indicato all’inizio dell’articolo che costantemente ci aggiornano sulla situazione, consapevoli di come funzionano le nostre emozioni e di come possono essere influenzate dalle modalità di comunicazione attualmente adottate.